07 Nov
Distanze tra edifici, la violazione obbliga a risarcire il vicino?

Dalla Cassazione spiegazioni sulla quantificazione del danno e sull’onere della prova

di Paola Mammarella

Se un manufatto abusivo vìola le norme sulle distanze tra edifici, il vicino può chiedere, oltre alla rimozione dell’abuso, anche un risarcimento, senza dover dimostrare il danno subìto.

Lo ha spiegato la Cassazione con la sentenza 25935/2022.

Violazione delle distanze tra costruzioni, il caso

Nel caso preso in esame, il proprietario di un’abitazione ha citato in giudizio il suo vicino che ha realizzato una tettoia abusiva.

Il proprietario ha chiesto la rimozione della tettoia e il risarcimento dei danni subiti non solo per i disagi dovuti alle opere di abbattimento dell’abuso, ma anche per la limitazione del diritto di proprietà e il danno economico provocato. Il proprietario ha infatti sottolineato che la tettoia copriva il lato dell’abitazione, arrivando quasi alla finestra. In questo modo, limitava la veduta e diminuiva il valore di mercato dell’immobile.

Distanze tra costruzioni, la violazione provoca un danno da risarcire

Dopo una serie di condanne alla rimozione della tettoia e al risarcimento del vicino, la causa è arrivata in Cassazione, che ha confermato le conclusioni cui sono giunti gli altri Tribunali nei precedenti gradi di giudizio.

La Cassazione si è soffermata in particolare sul risarcimento.

Secondo i giudici, la violazione delle distanze determina un danno “in re ipsa”. Questo significa che si tratta di un danno implicito, per il quale non è necessaria alcuna dimostrazione.

Il danno patrimoniale, quindi, si presume, ma il responsabile dell’abuso può dimostrare che, per la peculiarità dei luoghi o della situazione, non si è verificato alcun danno.

Accertato che la tettoia ha provocato una diminuzione temporanea del valore della proprietà vicina, la Cassazione ha spiegato che per il risarcimento, deve essere adottato, come parametro di liquidazione, una percentuale del valore reddituale dell’immobile.

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